Il primo a proclamare l’alt è stato Twitter, attraverso le parole del suo Amministratore Jack Dorsey:
“Basta con gli annunci politici a pagamento sulla nostra piattaforma”.
E il cinguettio dell’amministratore del social di San Francisco, potrebbe far scattare un effetto domino nei confronti degli altri colossi del web, creando un vero e proprio tsunami. Qualcosa già si muove.
Qualcuno ci sta già pensando, in modo decisamente empirico, come Facebook, altri in modo decisamente più concreto come Google, i cui vertici hanno discusso, tramite riunioni interne, l’argomento.
Quello che è certo però, è che, in un modo o nell’altro, si tratta di un momento di svolta.
Già, perché per la prima volta si mette un freno alla pubblicità. E allora ecco che sorgono spontanee nuove domande: c’è un limite alla pubblicità, all’advertising sfrenato? Arriva un momento in cui bisogna dire basta?
Per Twitter sì, per questo non ospiterà più alcuna pubblicità relativa a politici o elezioni sulla sua piattaforma in tutto il mondo.
Dorsey ha spiegato che «non si tratta di libertà d’espressione. Si tratta di un meccanismo che permette di pagare per aumentare il numero di persone raggiunte delle dichiarazioni dei politici, con significative conseguenze che oggi la democrazia potrebbe non essere pronta a gestire. Vale la pena fare un passo indietro».
Dunque Twitter non censurerà in alcun modo il pensiero e le parole dei suoi iscritti, semplicemente non permetterà più di acquistare “l’amplificazione” dei messaggi dei politici e la precisione con cui vengono indirizzati verso i potenziali elettori e verso i loro interessi, dubbi, timori.
Il tutto in vista delle elezioni americane del 2020, per evitare quanto accaduto nel 2016, quando la disinformazione russa si è manifestata anche sotto forma di cinguettii
Un provvedimento già messo in atto da Tik Tok, visto la giovane età media dei suoi utenti, anche se il peso del social cinese non è paragonabile a Twitter, soprattutto in ambito politico.
Ora la palla passa in mano agli altri giganti del web che devono decidere come comportarsi.
Alphabet Inc., la società che controlla Google, sta discutendo sul cambiamento delle norme che regolano la politica pubblicitaria, circa una settimana dopo che Facebook Inc. e Twitter Inc. si sono pubblicamente scontrati su come gestire tali annunci in mezzo alla diffusione della disinformazione.
Google ha realizzato riunioni interne, su come cambiare la sua politica pubblicitaria politica e si prevede che condividerà ulteriori informazioni con i dipendenti questa settimana, anche se non è chiaro se si vareranno dei cambiamenti.
Alcuni “cervelli” di Google stanno ipotizzando che le modifiche potrebbero essere correlate al tipo di pubblico targettizzato dall’azienda
Non è ancora chiaro quando Google implementerebbe i suoi servizi con questa nuova formula.
“Tutte le norme pubblicitarie di Google sono uniformi per la ricerca con YouTube e qualsiasi modifica delle norme pubblicitarie si rifletterebbe su tutte le sue piattaforme” ha detto un portavoce di Google.
Facebook, nel frattempo, continua ad accettare la pubblicazione di annunci politici e ha affermato di non voler mettere in atto cambiamenti significativi. Una posizione che ha in gran parte attratto le critiche della sinistra democratica e elogi da parte di quelli di destra.
Il buon Mark Zuckerberg ha difeso pubblicamente la posizione dell’azienda e le iniziative di trasparenza degli annunci apparsi nelle ultime settimane. Per ora tiene duro, ma dopo gli scandali come quello di Cambridge Analytica, ha tutti gli occhi puntati addosso. I prossimi mesi, in vista delle elezioni americane saranno di grande fermento
Google seguirà Twitter? E Facebook resterà fermo sulla sua posizione? Quello che è certo è che si tratta di un momento epocale.
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